LA BANDA

La storia della Banda: più di un secolo di gloria

Fino ad alcuni anni fa, dai documenti conosciuti e dalle notizie ricavate dai più anziani dirigenti dell'istituzione bandistica, veniva fissato al 1893 l'atto di nascita della Banda. Successive indagini, invece, e più approfondite ricerche presso il locale Archivio comunale o presso quello di Stato di Lecce, hanno consentito di stabilire che già una ventina d'anni prima era operante, con una formazione certamente limitata nell'organico e nelle prestazioni, un primo nucleo bandistico di "puri squinzanesi". Infatti, sono del 1876 due deliberazioni del Consiglio Municipale di Squinzano che qui di seguito, con dovute omissioni, riportiamo, aventi per oggetto la Banda, appunto:

Seduta straordinaria del 22/02/1876 - Deliberazione n.2 - Oggetto: Sussidio alla Banda Cittadina.
“Omissis... Diversi cittadini, già costituiti in Banda musicale, chiedono alle SS.LL. un sussidio a titolo di incoraggiamento con l'obbligo di suonare in tutte le feste dello Stato, senza alcuna retribuzione. Il Consiglio, udita la proposta, letta la domanda sopradetta, nonché le condizioni sotto le quali si è costituita la Banda cittadina, considerando che anche a concedersi una somma a titolo d'incoraggiamento pure si ha il vantaggio che la Compagnia Musicale suoni in questo Comune in tutte le feste dello Stato senza altro corrispettivo, votando a schede segrete ed a porte chiuse, ad unanimità, delibera la somma di L.500 (cinquecento) a favore di questa Banda”.

Seduta straordinaria del 22/02/1876 - Deliberazione n.3 - Oggetto: Nomina direttore della Banda.

“Omissis... E’ indispensabile nominarsi un Direttore di questa Banda musicale, il quale possa tutelare i diritti e cooperarsi per il suo miglioramento, facendo da tutti osservare le condizioni racchiuse nel contratto di costituzione di essa Banda.
Il Consiglio, udita la proposta, a voti unanimi l'adotta e delibera da farsi, mercè a schede segrete ed a porte chiuse, tale nomina. Distribuite e raccolte dal Presidente le schede segrete con l'assistenza degli scrutatori Margilio Vito e De Castro, si è proclamato il seguente risultato: CAMPA VINCENZO fu Nicola, voti 17”.

 

I maestri della Banda


Alessio Polito

Sicuramente questa ufficializzazione ed istituzionalizzazione risvegliò ulteriormente l'interesse di giovani e meno giovani del posto, i quali, accorrendo al richiamo del maestro Alessio Polito, pioniere e missionario della divulgazione musicale in Squinzano, ogni sera, dopo il lavoro quotidiano, cominciarono a prendere confidenza con trombe, clarinetti, tromboni e sassofoni. Fu proprio così che iniziarono ad acquisire i primi rudimenti della teoria e della pratica musicale, facendo crescere quella Banda che, anche prima del 1893, assunse una consistenza rispettabile ed una dignitosa preparazione, tanto da potersi considerare già “complesso da giro”. Ai marciabili, dei quali spesso era autore lo stesso Polito, ed agli inni con i quali si celebravano la Festa dello Statuto e le altre ricorrenze patriottiche, si aggiunse l'esecuzione di brani di musica classica, provati e riprovati durante le ore delle lunghe sere invernali in qualche angusto e fatiscente vano del centro storico. La “compagnia musicale” cominciò allora a spostarsi per le esibizioni sulle piazze dei paesi limitrofi, del Circondario e della Provincia, che raggiungeva faticosamente con carretti, fermandosi, poi a dormire in locali di fortuna, nei “trappiti” o negli “stabilimenti”, su magri pagliericci stesi per terra.

Vincenzo Coniglio

Nel 1911, però, Alessio Polito, l'indimenticabile “Mesciu Alessiu”, morì, e, per tenere fede agli impegni assunti e completare la stagione artistica, fu chiamato un anziano musicista di origine siciliana, il Maestro Vincenzo Coniglio , già direttore di una delle Bande leccesi, con la quale aveva accolto l'arrivo a Lecce del re Umberto I, il 22 agosto 1889, per l'inaugurazione del monumento di Eugenio Maccagnani a Vittorio Emanuele II.

Attilio Baviera

Dal 1912 la Banda, più opportunamente consolidata nell'organico e nel repertorio, fu affidata alla sperimentata bravura di un maestro bolognese, Attilio Baviera, durante la cui direzione il complesso, nel frattempo intitolato ad Alessio Polito, operò veramente un gran salto di qualità, pronto a guadagnare i primi concreti riconoscimenti ufficiali e la prima medaglia d'oro, la prima di una lunga serie. Infatti, in occasione dei festeggiamenti popolari organizzati a Lecce per il Carnevale del 1913, fu bandito un concorso per Bande musicali di prima categoria superiore (cioè con non meno di 40 esecutori). Si doveva eseguire un pezzo composto espressamente per Banda. Il premio consisteva in una medaglia d'oro per il maestro direttore e diploma per il corpo musicale primo classificato. Ovviamente, erano previsti anche premi minori per gli altri classificati, oltre ad una gratifica in danaro per tutti. Ebbene: alla Banda di Squizano fu assegnata la medaglia d'oro ed il diploma di prima classificata della prima categoria superiore, oltre al premio di L.750.
Nel 1914 il vento terribile della Grande Guerra scompigliò e disperse la giovane Istituzione squinzanese, che aveva appena cominciato ad arricchire il proprio medagliere. Il maestro Baviera lasciò la Banda di Squinzano, che si sciolse, e partì per Bologna, sua città natale, che gli affiderà la direzione del liceo musicale.
Dopo la pace del 1918, però, egli non potè purtroppo più ritornare e risalire su quel podio, che aveva cominciato a gratificarlo di tanti successi: nel frattempo una malattia lo aveva reso paralitico.

Ernesto Abbate

Ma la nuova stagione artistica batteva con irruenza alle porte. Bisognava pensare a provvedere alla guida della istituzione musicale ricompostasi. Come fosse stato mandato dalla provvidenza, un nuovo maestro, Ernesto Abbate, assunse la direzione. Bitontino di nascita, fu accolto a Squinzano con crescente simpatia, perché fu con lui che iniziò il periodo aureo della storia della Banda. Sotto di lui, infatti, il complesso spiccò un salto di qualità ancora più lungo e più alto, mietendo riconoscimenti ed attestati di stima che nessun altro Concerto bandistico in campo nazionale può vantare.
Il “Gran Concerto Musicale Tito Schipa” di Squinzano, così come adesso si chiamava in omaggio al dolce e soave “usignolo” leccese, esibì via via, sulle piazze dei modesti paesetti e delle più evolute metropoli, il marchio doc del suo prestigioso nome, riscuotendo ovunque successi e conquistando ori ed onori.
Le medaglie d'oro, i trofei, le targhe, i diplomi, i riconoscimenti più ambiti non si contarono più: Foggia, Benevento, Sanremo, Montecatini, Firenze, Roma e tante altre piccole e grandi città della Penisola accolsero, applaudendo, i fedeli interpreti di tante melodie immortali. Tra l'altro occorrerà ricordare il trionfo riportato nel 1928 a Roma, in occasione dell'adunata nazionale degli agricoltori d'Italia, alla cui manifestazione era stata invitata, prescelta fra le altre, appunto, la Banda di Squinzano. In questo stesso anno, un attestato della propria ammirazione volle concederlo al Gran Concerto il celebre Pietro Mascagni in persona, che giunse a Squinzano per assistere in Piazza Plebiscito all'esecuzione del suo famoso "Amico Fritz", che Ernesto Abbate ricamò, come si dice, a punta d'ago.
Ma fu l'anno successivo a segnare quello che fu ritenuto il top della continua ed inarrestabile ascesa del complesso squinzanese. La città di Bologna aveva organizzato, nell'ambito dell'Esposizione Internazionale, una gara fra le più note e qualificate Bande italiane da giro. Non poteva mancare, logicamente, il Concerto Musicale di Squinzano, che dopo la magistrale esecuzione della Sagra dei fiori, poema sinfonico composto dallo stesso maestro Ernesto Abbate, (fatto bissare per acclamazione) e dopo quella della più popolare e nota Traviata, fu dichiarato dalla Commissione giudicatrice "FUORI CONCORSO" per palese ed evidente superiorità, nella grazia, nella tecnica e nella finezza interpretativa.
Nuovamente nel 1931 (e poi anche nel 1935) Roma, nella Basilica di Massenzio, ospiterà il complesso squinzanese tributando forti acclamazioni al concerto. Purtroppo, però, con la gloria meritata, giunse anche, improvvisa, rapida ed immatura, la morte: il 26 aprile 1934 Ernesto Abbate si spense serenamente. Ma prima di morire, fece al popolo di Squinzano, che l'aveva tanto amato da concedergli anche la cittadinanza onoraria, l'ultimo ed il più bel dono: chiamò al suo capezzale di moribondo il celebre fratello Gennaro ed a lui consegnò la sua infallibile bacchetta, perché continuasse a dirigere sulle piazze d'Italia la sua grande creatura: la Banda.

Gennaro Abbate

Era ormai una celebrità nel Parnaso Internazionale. Era, in ordine di tempo, l'ultimo dei grandi musicisti pugliesi, dopo Giovanni Paisiello, Umberto Giordano e Niccolò Van Westerhourt. Francesco Cilea, suo carissimo amico, lo ammirava. Pietro Mascagni, suo più fortunato rivale, lo invidiava. Egli aveva avuto modo di eccellere sia come direttore di grandi orchestre, sia come valente compositore. Nel 1902, per la serata di gala, che aveva richiamato nel nuovo teatro di Pietroburgo “Nardoni Dom” le maggiori personalità del mondo politico, culturale ed artistico, in occasione della visita del re d'Italia Vittorio Emanuele III allo zar Nicola II, fu rappresentata l'opera Matelda, composta e diretta da lui. In quella circostanza Gennaro Abbate fu ospitato nel palco reale dei due sovrani, per ricevere personalmente il loro vivo compiacimento. Sempre in Russia, a Karkov, nel 1903, alla fine di una rappresentazione, al Maestro furono staccati i cavalli dalla carrozza e fu portato in albergo dove dimorava sulle spalle. Nel 1907, al Teatro Reale di Malta, Edoardo VII d'Inghilterra volle congratularsi personalmente con lui.
Eppure, il grande Gennaro Abbate rinunciò agli ammalianti richiami ed ai meritati trionfi nei maggiori templi della lirica, e venne a Squinzano per raccogliere l'eredità amorevolmente lasciatagli dal fratello. Presto il suo genio e la sua creatività si adoperarono per trasformare miracolosamente una Banda in una grande Orchestra, pur mantenendo gli strumenti propri delle bande. Ed infatti, riportando gli spartiti alla loro dimensione originaria, imponendo agli esecutori ritmi e tempi di studio di stampo professionistico, ottenne risultati veramente sorprendenti, inimmaginabili, da mito.
Vent'anni durò questa cavalcata di successi unici negli annali delle Bande musicali, salvo la tragica parentesi del secondo conflitto mondiale. Per il resto, fino al 1954, si collocarono tante pietre miliari su di un percorso ormai lastricato di soli trionfi. Poi, il 12 settembre 1954, Gennaro Abbate si spense ed anche il suo funerale fu un grandioso trionfo, un accorrere grande e maestoso di folla, che muta piangeva questo umile Sacerdote dell'Arte.
Comunque, la scomparsa degli Abbate segnò la fine di un mito, ma non distrusse le ragioni di un primato che andava perpetuato oltre ed al di là di quell'epoca musicale.
Per fortuna, negli ultimi anni, erano stati assegnati a Gennaro Abbate dei sostituti che dirigevano le ultime esecuzioni degli impegni serali per ridurgli lo stress ed alleviargli la fatica, che diventava sempre più insopportabile data l'età avanzata del Maestro.

Giuseppe Patanè, Gioacchino Ligonzo

Il primo di tali sostituiti fu una grande promessa del firmamento musicale, un giovane non ancora ventenne, Giuseppe Patané, destinato a diventare in seguito uno dei più grandi direttori d'orchestra degli anni 70-80. L'altro sostituto fu il Maestro Pino Rosiello, che aveva saputo far tesoro degli insegnamenti del suo predecessore. Fu appunto lui ad assumersi l'onere ed il peso dell'eredità di Don Gennaro, rimanendo a guidare le sorti della banda per un triennio, allo scadere del quale lasciò la bacchetta nelle mani di un altro talento emergente, Gioacchino Ligonzo, che rimase a Squinzano per un solo anno per poi farvi ritorno in seguito.
A questo punto iniziò un alternarsi di nomi più noti e meno noti del panorama artistico nazionale ed internazionale, ciascuno dei quali, però, in misura diversa, ha lasciato traccia del suo impegno nel solco di una consolidata impostazione musicale, mantenuta salda dai direttori artistici rimasti fedeli alle magistrali lezioni dei due Abbate.

Antonio Brajnovich

Venne così lo slavo Antonio Brajnovich, di Zara. Aveva diretto nei principali teatri in Italia e all'estero, ma alla guida del Gran Concerto bandistico di Squinzano, ora intitolato giustamente ad Ernesto e Gennaro Abbate, rimase solo un anno, perché fu nominato direttore stabile del “Regio” di Torino.
Nel 1960 ci fu il gradito ritorno del Maestro Gioacchino Ligonzo, che per un buon lustro diresse la Banda in lungo e in largo per la Penisola (Montecatini, Sanremo, Reggio Calabria). Anche questi, da Bari, era volato ormai a Johannesburg, Bengasi, Atene, Berlino, Vienna per dirigervi orchestre famose. Sarà lui ancora, nel settembre del 1979, in occasione del “Premio Italia” organizzato dalla RAI e svoltosi a Lecce in Piazza Duomo, a dirigere il concertone di chiusura teletrasmesso, eseguito dalle Bande di Squinzano, Lecce, Ceglie Messapica e con la partecipazione del celebre flautista Severino Gazzelloni.

Ferruccio Burco

Fu la volta, poi, di un “enfant prodige” degli anni quaranta: Ferruccio Burco, che a otto anni già dirigeva, senza partitura sul leggio, grandi orchestre per eseguire grandi capolavori del sinfonico e del lirico. Dopo le fortunate performances al Metropolitan, al Carnegie Hall ed in tutti i più grandi teatri dell'America, Arturo Tocanini lo chiamava confidenzialmente “il mio piccolo grande collega!”. Ebbene, questa stella di prima grandezza rimase sul podio pochissimo, perché al ritorno da uno dei primi impegni della stagione artistica del 1965, il 27 aprile, a soli 26 anni, morì in un tragico incidente stradale nei pressi di Ostuni insieme a due bravissimi solisti.

Jorgea Egea, Federico De Marco-Lebrun

Dovette accorrere nuovamente il bravo Pino Rosiello per poter salvare la stagione artistica appena iniziata, alla fine della quale salirà sul podio un altro giovane e brillante Maestro, Jeorge Egea, di origine spagnola. Anch'egli si lasciava alle spalle successi clamorosi direttoriali conseguiti a Barcellona, Lisbona, Dublino, Basilea, Malta per sfidare ed accettare la critica di un pubblico più umile e meno provveduto, ma non per questo meno eccitato ed eccitante.
Andato via dopo tre anni, fu sostituito dal napoletano Federico De Marco-Lebrun, allievo del grande Fanco Patané.

Lilio Narduzzi, Filippo Zigante

Dal 1970 al 1973 ci fu il ritorno di Gioacchino Ligonzo, e nel 1974 fu impegnato nella direzione il Maestro Lilio Narduzzi, direttore sostituto nell'orchestra della RAI e di Gorizia.
Nel 1975 fu la volta di una promettente bacchetta, quella di Filippo Zigante, approdato a Squinzano con un formidabile bagaglio di esperienze musicali che continuerà ad arricchire, scalando le più ambite vette di una carriera tuttora in ascesa. Quando venne a dirigere la Banda di Squinzano aveva già acquisito il prestigioso grado di Maestro sostituto del teatro San Carlo di Napoli, sua città d'adozione, essendo di origine friulana. Dopo l'esperienza salentina Zigante, che già prima aveva diretto nei maggiori Teatri d'Italia, proseguì la serie ininterrotta di tournées in Italia ed all'estero.
Nel 1977 gli successe il Maestro Antonio Reino, noto come direttore di diverse Bande pugliesi; ma nel secondo anno di guida di quella di Squinzano morì prematuramente ed improvvisamente. Ad ultimare la stagione artistica, venne chiamato il Maestro Gino Bello , che lasciò il testimone, nel 1979, ad un altro bravo direttore d'orchestra, il Maestro Sergio Militello, che si era prodotto già in concerti lirico-sinfonici alla RAI di Milano, alla Radio di Zurigo ed in altri teatri italiani. Sotto la sua guida il Gran Concerto Bandistico partecipò al “Premio Italia”, organizzato dalla RAI e ripreso dalla TV.

Pino Natale

Gli subentrò, nei due anni successivi, un giovane musicista dal talento artistico spiccato: Pino Natale, il quale aveva guidato la Banda di Benevento, prima di dirigere quella di Squinzano, con la quale, nel 1981, partecipò ad un memorabile "Concerto per l'Europa" teleripreso, perché destinato a tutti i nostri emigranti.
Dal 1982 al 1985 fu di scena nuovamente Jorge Egea. Con il maestro "spagnolo" la pluridecorata Banda si esibì nel Concerto sotto le stelle a Pizzomunno (Vieste) con ripresa RAI-TV. Inoltre partecipò, in qualità d'ospite d'eccezione, ad una trasmissione televisiva di RAI3 di Napoli ed al programma di Retequattro “Maurizio Costanzo show”.

Claudio Ciampa

Nel 1986 esordì in campo bandistico un altro giovane musicista, il Maestro Claudio Ciampa, che già nel 1981 era stato prescelto a dirigere l'Orchestra "Domenico Cimarosa" nella Sala Nervi in Vaticano, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II.
A Squinzano, la sua schiettezza, il suo temperamento meridionale (campano d'origine) le sue doti direttoriali e musicali conseguirono successi clamorosi di piazza, soprattutto nella stagione artistica del 1989, che si chiuse con all'attivo ben 180 concerti.

Mario Cananà

Nel 1991, sulla cassetta-podio del Gran Concerto bandistico salì un validissimo maestro, concertatore e direttore d'orchestra, Mario Cananà, già alla guida, negli anni precedenti, di altri rinomati Concerti Bandistici pugliesi. Nativo di Trepuzzi, continuò a condurre la Banda sulla scia dei grandi suoi predecessori, contribuendo a mantenere sempre vivi il successo e la gloria di una ultrasecolare Istituzione musicale.

Maria Grazia Donateo

Nella Stagione artistica successiva prese in mano la prestigiosa bacchetta una star del pentagramma, il Maestro Maria Grazia Donateo. Intraprendente e convincente nello stesso tempo, ha saputo presto conquistarsi la simpatia ed il plauso delle piazze, anche di quelle più dure ed esigenti.
Per diversi anni resterà a guidare la formazione bandistica, che un giorno fu dei due grandi fratelli Abbate.

Guerrieri, Muolo, Corlianò, Marvulli

Dopo di lei, per situazioni contingenti, altri nomi prestigiosi portarono sulle Piazze d'Italia la tradizione e la gloria del Gran Concerto Musicale “Abbate” solo per brevi periodi (talvolta una sola stagione artistica, tal altra neanche per una metà): I maestri Guerrieri, Muolo, Corlianò, Marvulli.
Nel 2002, invece, un grandissimo ritorno: per la terza volta a dirigere la Banda dei grandi primati nuovamente la bacchetta decisa e determinata del valente direttore d'orchestra Jorge Egea.
Ecco, in questa rapida, e spesso convulsa, galoppata storica si racchiudono gli oltre cento anni di gloria di questo monumento alla più bella delle Belle Arti, ma anche l'immenso mare di sacrifici, di ansie, di preoccupazioni che ha costituito l'ossatura del cammino lunghissimo di questa Banda, e che ha travagliato tutti quelli che hanno contribuito a mantenerla in vita: semplici bandisti, solisti, maestri, organizzatori, pubblico.